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Altolà al passaggio alla dipendenza. Sul territorio prossimità e fiducia devono stare insieme
In qualità di presidente dell’Enpam devo esprimere una granitica contrarietà verso chi vorrebbe far passare i convenzionati alla dipendenza. Perché se si interrompesse il più importante flusso contributivo verso l’Ente, affonderebbe l’intero sistema pensionistico dei medici e degli odontoiatri.
Fatta questa premessa, doverosa per onestà intellettuale, sono contrario anche ideologicamente al passaggio alla dipendenza dei medici convenzionati sul territorio.
La prossimità dell’assistenza, quella che in questo frangente pandemico è auspicata da tutti – a cominciare da Draghi – vive del rapporto di fiducia con il medico scelto. L'assistenza territoriale è centrata sul rapporto di fiducia con un medico convenzionato che viene scelto dal cittadino e che nell'ambito del servizio sanitario nazionale eroga prestazioni e servizi a un costo prefissato.
Per l’efficacia della valutazione e delle decisioni, è fondamentale la flessibilità del rapporto fiduciario. La convenzione col singolo medico, com’è ben scritto nell’accordo collettivo nazionale dell’assistenza primaria, tutela e valorizza questo rapporto tra il medico e il paziente.
La dipendenza invece prescinde dal rapporto di fiducia, anzi lo minimizza. Infatti quando si pensa a prestazioni rese da professionisti subordinati, si fa come se per il paziente, un medico purché qualificato valga l’altro.
In altre parole, abbandonare la convenzione statalizzando i medici vuol dire sostanzialmente eliminare il loro rapporto fiduciario con la gente.
Io lo dico chiaramente: dissento da coloro che sostengono che, per riformare il territorio, si debba passare alla dipendenza, perché dimostrano di non conoscere la realtà.
A questi, che spesso per avvalorare le loro teorie dicono che i convenzionati non visitano o non si fanno trovare, vorrei fare una domanda: come mai quasi la metà dei colleghi caduti per Covid sono medici di famiglia?
Alberto Oliveti
Presidente Fondazione Enpam