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Isolamento di 5 giorni per i positivi asintomatici, anche in assenza di tampone negativo. «Siamo pronti a passare al nuovo modello. Valutiamo quale sia lo strumento corretto per attuarlo. Forse non basterà una circolare», chiarisce con senso pratico il ministro della Salute, Orazio Schillaci. E aggiunge: «È chiaro che chi esce dall'isolamento senza la prova diagnostica dovrà avere senso di responsabilità e indossare la mascherina in caso di contatti con persone fragili. Puntiamo sulla persuasione non sugli obblighi».
Un altro passo verso la normalizzazione?
«In Italia c'è un eccesso di tamponi. Nel Regno Unito e in Spagna, e mi riferisco a due governi all'opposto politicamente, sono già passati a questa fase. Non è una scelta ideologica ma pragmatica».
Ammorbidire le misure proprio ora che i contagi stanno risalendo?
«Non è un allentamento. Ci adeguiamo al virus, ormai endemico, con il quale bisogna imparare a convivere. Continuiamo a seguire con grande attenzione l'epidemia. Per ora non ci sono segnali di preoccupazione. I casi sono saliti, è vero, però non c'è pressione sugli ospedali, dove i ricoveri in reparti ordinari e terapie intensive restano stabili. Aver abolito il bollettino quotidiano non significa aver abbassato la guardia. Divulgare tutti quei numeri giorno per giorno non aveva senso».
Sul vaccino anti Covid è stata fatta confusione. Il sottosegretario Gemmato ha detto che non c'è prova che abbia risparmiato migliaia di morti.
«Poi ha rettificato. I vaccini sono fondamentali, non va messa in dubbio la loro efficacia. Domani parte la nuova campagna del ministero sulla quarta dose, raccomandata ai fragili assieme all'anti influenza che quest'anno ha già cominciato a mostrarsi aggressiva. L'abbiamo preparata in tempi record e non mi risulta che il secondo richiamo sia mai stato incentivato».
Regioni deluse per la manovra finanziaria che relega la sanità in un cantuccio. Il 15 dicembre i sindacati medici e i veterinari scendono in piazza perché «siano destinate risorse reali alla salute dei cittadini».
«I fondi per la Sanità non sono mai stati così alti, oltre 134 miliardi complessivi. Per il 2023 vengono stanziati 2,3 miliardi che si aggiungono ai due già previsti dal governo Draghi. Tutto questo in una fase difficile caratterizzata da Covid, guerra in Ucraina e conseguente aumento dei costi energetici. È chiaro che la fetta più importante verrà utilizzata per coprire i costi delle bollette di ospedali e Asl. Però vanno colti tanti segnali di interesse verso altre emergenze».
Quali?
«Quaranta milioni ogni anno, dal 2023 al 2025, per il contrasto al fenomeno gravissimo della resistenza agli antibiotici, male utilizzati, 150 alle farmacie».
Poi i 200 milioni per incentivi agli operatori del pronto soccorso e, solo a partire dal 2024, 60 per i medici, 140 per il personale. Un contentino?
«Stiamo facendo in modo di anticiparli al 2023. È un problema cruciale, il personale sta andando avanti con organici ridotti all'osso, sostenendo un carico di lavoro immenso. Sono ben consapevole che non bastano incentivi, servirà altro. I laureati in medicina scelgono specializzazioni meno stressanti e la medicina dell'emergenza non ha rincalzi tanto che i bandi di concorso per le assunzioni vanno deserti. Bisogna renderla più attrattiva garantendo anche sicurezza nei presidi di pronto soccorso».
E alle Regioni che battono cassa cosa risponde?
«In un prossimo incontro faremo bene i conti per calcolare il disavanzo legato ai costi del Covid. C'è chi dice si tratti di 3,8 miliardi. In realtà credo siano di meno e da qui potremmo ricavare risorse maggiori per gratificare gli operatori sanitari, non solo quelli dell'emergenza. Il servizio sanitario va reso più appetibile».
Sanità del territorio, ogni governo ha promesso di potenziarla per decongestionare gli ospedali dove i pronto soccorso sono congestionati e i posti letti nei reparti sempre insufficienti. Sul campo però la situazione non cambia. Perché ora dovrebbe esserci una svolta?
«I fondi stanziati dal Pnrr sono finalizzati alla costruzione delle case di comunità. Il problema vero è l'integrazione con medici di famiglia e farmacie e la dotazione di personale. Noi vorremmo farne dei centri di riferimento per quei pazienti cronici che non dovrebbero finire in ospedale, come succede ora».
L'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) è destinata a spoils system. Cambio in vista in direzione generale?
«È in corso la modifica dello Statuto da parte del Parlamento. A me interessa snellire la burocrazia perché il fine ultimo è velocizzare l'autorizzazione dei farmaci i cui tempi non sono in linea con l'Ue. Non ci sarà commissariamento».
Fonte: CORRIERE DELLA SERA