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L'ondata estiva del covid non accenna a rallentare. Ieri, secondo i dati del Ministero della Salute, sono stati individuati altri 79.920 nuovi casi grazie a 303.848 tamponi; il tasso di positività sale al 26,3%. Aumentano anche i posti letto ordinari covid (+180) e quelli in terapia intensiva (+6). Altre 44 persone hanno perso la vita.
Eppure, per evitare malati gravi e morti ormai le cure ci sono: oltre alla profilassi sono disponibili infatti i farmaci antivirali molnupiravir (Lagevrio) e Paxlovid (nirmatrelvir-ritonavir). Ma sono pochissimi a utilizzarli: come ha spiegato Giorgio Palù, presidente di Aifa, l'agenzia italiana del farmaco, sono 600mila le confezioni di Paxlovid preordinate, mentre solo 21mila quelli somministrati. Anche se, in realtà, l'operazione è molto semplice. Basta chiedere al proprio medico e farsi somministrare il farmaco, naturalmente se si rientra nelle categorie a cui può essere prescritto.
Paxlovid, che ha dimostrato maggiore efficacia, è indicato per adulti che non necessitano di ossigenoterapia supplementare e hanno un elevato rischio di ammalarsi in maniera grave. In sostanza, possono usare Paxlovid i pazienti affetti da patologie oncologiche, malattie cardiovascolari, quelli con diabete mellito non compensato, broncopneumopatia cronica, oppure obesità grave. Una platea, alla fine, piuttosto ampia: chiunque può chiedere al proprio medico se rientra tra i beneficiari.
Dallo scorso 21 aprile, infatti, lo possono prescrivere anche i medici di medicina generale: l'importante però è farlo entro 5 giorni dalla positività del paziente e dopo aver compilato un piano terapeutico, per il momento solo cartaceo.
Il meccanismo, dunque, è chiarissimo. Ma poi, all'atto pratico, qualcosa si inceppa. Come ha denunciato recentemente anche il virologo Roberto Burioni. Come mai?
Silvestro Scotti, segretario generale della Federazione italiana medici di medicina generale, spiega: «Il paxlovid può avere interazioni con altri farmaci e quindi, prima di prescriverlo, bisogna capire se il paziente assume altri farmaci che possono essere sospesi per qualche giorno». Nulla che non si possa superare, o risolvere, in pochissimi minuti. Altra accortezza, quella della capacità renale del paziente. L'importante è avere a disposizione analisi del sangue aggiornate: se non le si hanno, basta recarsi nel primo centro di analisi a disposizione. Ma nella maggior parte dei casi, le cose marciano molto più spedite. Se si è positivi, ci si rivolgere al proprio medico, o addirittura in un ospedale pubblico e si può iniziare subito la cura con gli antivirali. Purtroppo, come sempre, ci si è messa di mezzo anche la burocrazia. «Siamo stati informati - rimarca Scotti - con un po' di ritardo delle decisioni dell'Aifa».
Ritardi che, in parte, si sta cercando di recuperare. Nelle ultime due settimane, dal 30 giugno al 6 luglio, stando al report di Aifa, le richieste di molnupiravir (Lagevrio) sono aumentate del 10,44%, quelle di Paxlovid del 33,07%. «Finalmente c'è un leggero incremento delle prescrizioni - osserva Fabrizio Pregliasco, professore di Igiene generale e applicata dell'Università degli Studi di Milano - Servirebbe però una sorta di accompagnamento dei medici di medicina generale perché spesso osserviamo una non tranquillità da parte loro a prescriverli, per i possibili effetti collaterali nel caso vengano assunti insieme ad altre tipologie di farmaci. Ma se vogliamo fermare gli effetti pesanti di questa pandemia sugli anziani e i fragili questo scoglio dobbiamo superarlo al più presto».
Fonte: IL MESSAGGERO